Il mio Gesù
E' il titolo di un nuovo libro scritto da Mico Famà (libritalia 2015), insegnante in pensione, sposo, padre e nonno, nato a San Costantino Calabro, di cui è stato sindaco per diversi anni.
Non è da tutti realizzare e porre un grande Crocifisso nel giardino della propria casa. Mico Famà lo ha fatto! Non è da tutti fare una sosta ad uno stop che inquieta sulla strada quotidiana della vita, fermandosi per ripensare, ricordare, rileggere la vita di Cristo. Mico Famà lo ha fatto! Non è da tutti osare comunicare con un libro la propria esperienza di Gesù. Mico Famà lo ha fatto!
E mi ha ricordato quanto diceva un mio maestro di Sacra Scrittura, il prof. Antonio Fanuli: «Non ti dirò tutto quello che so di Gesù...Ma ti dirò quello che più mi ha colpito di Gesù. Ti parlerò di un Gesù che non può essere che il mio Gesù. Ti sembra strano? Non sai che fartene di un Gesù mio? A te interessa Gesù e basta? Un Gesù senza riferimenti, senza possessivi, senza aggettivi: un Gesù...Gesù? Ti auguro di trovarlo. Ma te lo dico senza mezzi termini: non lo troverai mai. Non esiste un Gesù a sé, un Gesù comune. Esiste solo il Gesù che io, tu, un gruppo di persone ha sperimentato nella propria esistenza. Esiste il Gesù mediato. Un Gesù, cioè, che ci arriva attraverso la testimonianza di altri e che ognuno di noi vive in modo assolutamente personale ...Gesù è una figura talmente complessa e misteriosa che non la si può inquadrare in una cornice storica ben definita al punto da poter dire: Ecco, Gesù è tutto qui. No. Gesù non può essere tutto qui. Perché Gesù è vivo. Vivo perché risuscitato...».
Una cosa è certa, e le conferme sono tante: non c'è incontro autentico con lui che non faccia diventare cattolici, nel vero senso del termine, fratelli "universali", dentro la sua grande famiglia che è la Chiesa. Vivendo come dentro una famiglia.
Scoprire di più Gesù...sapere di più su di lui, è il "sogno" di tanti. Ma è anche il suggestivo invito per chi apre il Vangelo. Dice l'apostolo Giovanni che «tante cose non sono state scritte in questo libro» (Gv 20, 30). C'è sempre un Gesù, forse, pure, un "altro" Gesù da scoprire e riscoprire ogni giorno. Quello che dice a ciascuno di noi: «La tua fede ti ha salvato»!
Nel "dramma" della fede, nella dimensione inquietante e seducente del Mistero che l'incontro con Cristo provoca, alcuni, come Mico, vivono l'esperienza della "soglia", stanno "sulla soglia", che è mistica d'Avvento. Cosa suscita il nome Gesù? Mico non ha studiato teologia nei corsi accademici. Si è incontrato e scontrato però con Gesù, il suo Gesù. Ha sostato, liberamente e coscientemente, sulla soglia dove c'è lui che bussa. E ha voluto, con semplicità, raccontarcelo, con il suo stile e la sua fantasia di narratore e di artista, prendendo lo slancio tra le vie semplici e le case umili del suo paese, portandoci in un sogno lungo. Nella bibbia i sogni diventano segni, il sogno diventa realtà. Il sogno poi permette ogni fantasia. Ci permette di "volare", guardando il mondo e noi stessi da altre prospettive. La penna di Mico "dipinge" una onirica composizione, in un venerdì che, lugubre e triste, va gradatamente a immergersi in un mare di luce nuova, svegliando cristicamente l'umanità, in una alba nuova.
C'è certamente una ricerca di Cristo ed una esperienza di Cristo in questo racconto. E' anche proposta una via per conoscere Gesù, da parte di chi non lo conosce, o lo conosce per sentito dire...poi sarà Gesù a farsi conoscere, dicendo: «oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5)! Sarà poi lui a farsi conoscere e a dirgli cosa è vero e cosa non è vero di lui.
Sì, in effetti, quello che Mico Famà ci presenta è un Gesù fortemente umano, terribilmente umano. Una umanità divinizzata dalla sua alta statura morale, dal fascino della sua persona, dai suoi poteri straordinari, dalla sua parola convicente. Parole che dipingono l'infanzia di Gesù come un suono adorante; la sua missione come una rivoluzione disarmante; la sua passione come un grido di giustizia nella storia. Un Gesù che si fa contemporaneo di ogni uomo, che continua a togliere i mercanti dal tempio, che opera oggi tramite la voce carismatica di papa Francesco. Nella libera espressione di un racconto e di una personale "visione", oltre le fonti canoniche e storiche, possiamo trovare quanto la nostra fantasia potrebbe anche devotamente dire su Gesù, in modo del tutto naturale, dentro l'assunzione piena dei valori umani, senza scandalizzare nessuno. Certo, per la teologia e la mistica cattolica, è stridente un Cristo sposato con una donna. Lui che è lo "sposo dell'umanità", con cuore indiviso. Tutto per tutti! Per Mico Famà è però radicale il fatto cristiano che "tutto" della nostra naturalità ed umanità deve essere assunto dal divino, per essere salvato.
E' la dimensione antropologica e sociologica quella che sta a cuore a Mico, che lo ha mosso fin da giovane a lottare, operare, servire l'uomo e la società, e su questa "soglia" avviene, nella essenzialità della saggezza senile, il suo confronto con Gesù il Cristo. Quando nel cuore e nella mente dell'uomo libero avanza l'autoconsapevolezza, l'attenzione compassionevole per gli ultimi, la sensibilità per l'ambiente, il coraggio del perdono, la sete di giustizia e di verità, Dio è vicino, noi siamo a lui vicini, perché, anche se in modo imperfetto, «abbiamo in noi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù» (Fil 2,5). E' Cristo la Novità perenne nel cuore dell'universo. E' Lui la Risurrezione dell'uomo. E' Lui l'immagine e somiglianza che cerchiamo con nostalgia dentro noi stessi, quando il Nemico ci porta ai limiti del tempo e dello spazio, seminando il sospetto dentro gli interrogativi che danno senso all'esistenza: Chi sono? Da dove vengo? Perché? Che senso ha? Gesù è veramente la risposta, dopo i fallimenti delle ideologie, lui solo ha parole di vita eterna. Perché? Perché la vera eternità è l'amore, la pace, la fraternità. Sull'amore costruiamo per sempre, sull'odio invece non realizziamo nulla.
Ma, sinceramente parlando, senza Cristo dove potremo arrivare? Chi sarebbe l'uomo senza Cristo? Che sarebbe la nostra cultura senza Cristo? Dove va il mondo senza Cristo? Che sarebbe la Chiesa senza Cristo? Chi può superare il "fenomeno" Cristo? Cosi risponde, nel cuore del '900, il poeta Salvatore Quasimodo: Sei ancora quello della pietra e della fionda/ uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, / con le ali maligne, le meridiane di morte/ t'ho visto -- dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu/ con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio/ senza amore, senza Cristo/ Hai ucciso ancora...
Senza Cristo l'uomo resta solo Caino, fratello che ammazza l'altro fratello, homo homini lupus e bellum omnium contra omnes. Senza amore vero, totale,
gratuito, per ogni uomo. Senza perdono e senza riconciliazione, senza beatitudine per il povero e senza consolazione per l'ammalato. L'uomo resta peccato, terra, malattia, morte. Senza fede,
senza speranza, senza amore. Ecco l'uomo senza Cristo! Cioè senza la rivelazione di Dio che è Amore, senza la libertà di aprire la porta del proprio essere al Dio che sta bussando, per entrare e
cenare con lui, ed offrirgli in eterno il suo regno, unica direzione di marcia perché il mondo si salvi. Nei tribunali della storia Gesù resta fino alla fine del mondo: o con lui, o contro
di lui. Una indifferibile decisione ci costringe a pensare, ma da uomini liberi. Quel processo iniquo non si è mai concluso: mentre la massa popolare sceglie un malfattore (Barabba), la
casta sceglie un dittatore (Cesare). Le false sicurezze del popolo: la piovra mafia e il potere politico corrotto, che prima ti accarezzano e poi ti rendono schiavo!Quante volte anche noi
preferiamo il rivoluzionario che vuole riformare la società per riformare l'uomo, piuttosto che Cristo, il redentore che riforma l'uomo allo scopo di riformare la società.
Il Dio che si fa uomo con noi, per farci stare con Dio, paradossalmente, attraverso una vergine madre, una grotta, una croce, una tomba aperta, si è fatto povero con i poveri,
perseguitato con i perseguitati, profugo con i profughi. Per indicarci la via di Dio, di quel Dio che, dice San Paolo,
«opera meraviglie tramite ciò che nel mondo è disprezzato...per ridurre al nulla le cose che sono»
(1 Cor 1,28). Un Dio così è scomodo soltanto per coloro che hanno il loro dio personale, fatto a propria misura. Le lotte ateistiche, le forme di empietà, partono sempre dai
potenti che sentono la presenza di Cristo come una minaccia per l'avidità del loro dominio: Erode che farà uccidere i bambini è il primo di questa serie! Erode che resta turbato ascoltando
le profetiche parole dei Magi.
E' Cristo Gesù che apre l'epico ed epocale passaggio verso cieli nuovi e terre nuove, non verso l'utopia o l'illusione, ma verso la Città di Dio che è la condizione progettuale per una vera città dell'uomo alle cui mani operose sono state affidate le meraviglie dell'universo. Le meraviglie del regno animale, del regno vegetale, del regno minerale. Questo uomo chiamato con Cristo per Cristo in Cristo a riportare tutto nel pleroma divino della creazione redenta: il Regno di Dio.
Cristo è la Chiave, il centro e il fine della storia (cf GS, 10). E' l'Essere che da forma nuova a nuove aperture per il mondo. Egli ci spalanca le porte di una nuova vita. Risponde al nostro desiderio incessante di rinnovarci. E' lui il Novum che ritorna, che si ripropone, che si offre, qui ed ora, come Donum. Ogni giorno è un dono sempre nuovo del suo Amore per noi. Cristo è la chiave che apre, e apre una porta verso l'infinito, dove naufragar ci è dolce!
Altri nomi hanno preteso di essere chiavi, nuove chiavi per aprire nuove porte. Ma hanno aperto e immediatamente hanno chiuso. Hanno aperto porte dalle quali sembravano apparire panorami seducenti, bellissimi, raggiungibili finalmente e piacevolmente, con le nostre forze, con la nostra ragione, con la nostra tecnica. E' vero, le porte si sono chiuse in faccia a Dio e si sono aperte verso l'uomo, ma per introdurlo in spazi che, all'apparir del vero, sono diventati squallidi, inumani, gelidi, stretti, angusti, spesso quanto le misure di una bara. Ha scritto qualcuno: «Alla morte di Dio segue inevitabilmente la morte dell'uomo»!
Cristo apre sempre! Discretamente egli sta alla porta e bussa, se noi siamo disponibili ad accoglierlo, poiché la "maniglia" è dalla nostra parte, egli ci dischiude una porta ancora più grande e, andando avanti, ancora più grande. Camminando con lui si dispiega il mondo nuovo, si costruisce il suo Regno, in proporzione all'impegno che mettiamo, al nostro saper collaborare con lui. Apre gli occhi ai ciechi e chiude la bocca ai demoni. Apre la stalla ad una stella e trasforma una mangiatoia nella culla di Dio. Quando chiude la bocca spirando, apre il suo cuore come un messaggio sconcertante e interpellante. Ribalta pietre tombali antiche e nuove. Egli entra a porte chiuse quando l'attendiamo. E' la Vita che trionfa sempre!
Non c'è risurrezione della carne, senza incarnazione. Come la discendenza di Dio nell'umano è indissociabile dall'ascensione dell'umanità in Cristo. E l'incarnazione divina assicura la risurrezione della carne, la metamorfosi della nostra finitudine. Ecco, dal sogno al segno, dal sonno alla sveglia, dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, come spera Mico Famà. Per i credenti, di fatto, la fede in Gesù Risorto non è una devozione. La risurrezione è l'evento che ha trasformato la storia e la natura; è, dicono i Padri, «l'Ottavo giorno della creazione», il big bang metafisico dell'universo. Questo avvenimento postula un nuovo pensiero, diverso, dà direzione definitiva all'inquieto itinerarium mentis dell'uomo, rinvigorendo la missione di annunciare e di testimoniare la salvezza operata da Cristo, «il Primo e l'Ultimo e il Vivente» (Ap 1,18). L'irruzione del Risorto nella storia immette l'energia di un cambiamento e di una promozione che segnano il passaggio dall'inerzia all'operosità, dall'illegalità alla giustizia, dalla povertà alla solidarietà concreta, dalla schiavitù alla fraternità, dalla morte alla vita.
In Gesù Cristo, Dio non è una parola vuota, una idea astratta, un concetto escogitato dai filosofi. Dio ha in lui un volto umano e divino, immanente e trascendente. Tanto misterioso quanto ragionevole, Pneuma e Logos, Spirito e Parola. Totalmente dentro e totalmente fuori di tutte le cose: «sfera intelligibile il cui centro è dovunque e la circonferenza in ogni luogo» (Alano ab Insulsis). Così, fondamentalmente, non c'è da decidere un nostro rapporto con Dio, ma riconoscere che lui ha già stabilito, da sempre, un rapporto con noi. Un rapporto che parte dalla dimensione contemplativa, da quel pensiero meditante che deve avere il primato sul pensiero calcolante, la immutabile preminenza del Logos sull'ethos.
Sant'Agostino pregava cosi: «Signore, che io ti conosca, che io mi conosca». La conoscenza di Cristo non è, abbiamo capito, una conoscenza cerebrale, concettuale, razionale, ma una esperienza personale, unica, irripetibile. La metafora del "sogno", proposta dall'autore, è in questo caso molto significativa. In senso biblico conoscere esprime un rapporto esistenziale e personale, intimo, comunionale. La vera conoscenza di Cristo, alla fine, è lasciarsi conoscere da lui. Tocca il centro della persona, è interiore, oltre la facoltà di conoscenza e volontà... è l'invasione di un Altro in noi, che ci rende creature nuove: «non sono più io che vivo ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). E' il mio essere per Gesù, con Gesù, in Gesù!
Filippo Ramondino