Chiesa del Rosario e Cappella trecentesca De Sirica - Crispo
Vibo Valentia


Nel 1284 i frati Minori, avendo deciso di installarsi a Vibo, chiesero e ottennero dal re Carlo I D'Angiò un terreno tenuto in uso dal Camerlengo Riccardo ove un tempo era sorto il Teatro Romano, sui cui ruderi edificarono il Convento e la Chiesa del SS. Rosario. La costruzione impegnò i frati per oltre 50 anni ed i lavori furono ultimati nel 1337, regnando Roberto D'Angiò ed essendo guardiano fra' Bartolomeo. L'opera lu realizzata secondo gli stilemi dell'architettura gotica, ma essendo andata in rovina venne ricostruita integralmente nel 1776, come testimonia un'epigrafe all'interno della chiesa. Del vecchio edificio la nuova costruzione conserva i costoloni di pietra dell'arco sull'altare maggiore.
ll convento era dotato di una biblioteca con un archivio di straordinaria importanza. Nel 1810 questo materiale, assieme a molto altro di analoga provenienza, veniva imbarcato a Pizzo, su ordine della Corte, per essere trasferito a Napoli; durante il viaggio la nave che lo trasportava fu attaccata dalla flotta anglo-sicula ed affondata, come riporta lo studioso vibonese Vito Capialbi.
Sopravvenne poi il terremoto del 1783, terrificante e devastante, che distrusse la chiesa ove aveva sede, fin dalla sua origine, I'antichissima Confraternita del SS. Rosario; in conseguenza di ciò la Confraternita venne trasferita nella chiesa di S. Francesco, che assunse dal 1810 il nome di Chiesa di Maria SS. del Rosario.
La chiesa è una costruzione settecentesca a navata unica e coro quadrangolare diviso dall'aula da un arco di trionfo; le pareti della navata presentano una serie di cornici contenenti altari, mentre il decoro interno è chiaramente di gusto barocco. La chiesa è ricca di opere d'arte delle scuole locali; in particolare custodisce opere di Giulio Rubino, oltre a una Madonna del Rosario di Emanuele Paparo e un S. Vito di Domenico Basile del 1745. Nella chiesa vengono altresì conservate le statue lignee realizzate da Ludovico Rubino per la Via Crucis, che si portano in processione il venerdì santo, il Cristo Risorto che viene portato in processione per la famosa e tradizionale 'Affruntata' della domenica di Pasqua, e un quadro di S. Francesco d'Assisi di scuola calabrese; è andata invece dispersa una tela assai importante raffigurante la Madonna del Rosario attribuita a Francesco Cozza, il grande pittore seicentesco di Stilo.
La Cappella De Sirica dedicata a S. Caterina, che rappresenta uno dei più significativi esempi di gotico meridionale, ospita il sarcofago del suo fondatore Domenico De Sirica, come testimonia un'iscrizione del 1343, oltre ad altre sepolture coeve. ll sepolcro marmoreo di De Sirica si può ricondurre, come per altre tombe dell'epoca calabresi (ad esempio il sarcofago di Aldemaro Romano in Scalea), alla bottega del senese Tino da Camaino, giunto a Napoli nel 1323, ove rimase fino alla morte nel 1337. La cappella fu restaurata nel 1555 da Pandolfo Crispo, marito di Camilla De Sirica, ultima discendente ed erede della famiglia. La cappella contiene resti di sepolcri duecenteschi e trecenteschi murati nelle pareti, insieme a bassorilievi risalenti al Xlll secolo e a tre coperchi di tombe, anch'essi murati, con figure scolpite di frati qui trasferiti dalla chiesa di S. Leoluca nel 1928. Vi sono poi tre iscrizioni degli anni 1356 e 1357, che indicano le sepolture del giudice Nicola De Gervaso, di Giovanni Monteverdi e di Antonio Russo.
                                                                                                                       Domenico Protetti'

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