L’ Arciconfraternita di Maria SS. del Rosario e San Giovanni Battista
Cenni storici
L’ Arciconfraternita di «Maria SS. del Rosario e San Giovanni Battista» è l’associazione più antica, ancora attiva, senza soluzione di continuità nell’arco di quattro secoli, presente nella città di Vibo Valentia. Inferiore di qualche anno è quella di «Gesù Maria e Giuseppe», tutt’ oggi operativa.
L’associazionismo laicale nel mondo cattolico ha una sua antica prima espressione organizzativa autonoma con l’istituzione delle confraternite o congreghe, molto considerevoli per i risvolti socio-religiosi e varie nelle loro classificazioni. Nella diocesi di Mileto (VV) appare, a partire dal sec. XVI, un largo fiorire di confraternite e pie associazioni laicali che gestivano opere pie come ospizi ed ospedali. Negli Acta pastoralis visitationis del 1586, custoditi nell’Archivio Storico Diocesano, comprendenti solo tre parti su quattro del vasto territorio diocesano d’un tempo, si contano ben 138 confraternite funzionanti: n. 61 intitolate al SS. Sacramento, n. 15 al S. Rosario e n. 62 con denominazioni varie. La diocesi era allora formata da circa 143 parrocchie, i verbali di queste prime visite sono relative solo ad 84, ciò fa supporre che esistevano alla fine del XVI sec., in media, due confraternite in quasi ogni paese.
1. Le origini
L’Arciconfraternita sotto il titolo di Maria SS. del Rosario e San Giovanni Battista in Monteleone, oggi Vibo Valentia è stata istituita nel XVI secolo, secondo alcune fonti precisamente nel 1571, dopo la fondazione del convento dell’Ordine dei Predicatori (domenicani), che zelarono il culto alla Vergine del Rosario e la preghiera con la corona mariana, promuovendo un po’ dovunque l’erezione delle omonime confraternite. Probabilmente è da collegarsi con la più antica confraternita che gestiva la cappella e l’ospedale di Sant’Antonio di Vienne, «extra muros Montisleonis», siti nello stesso luogo dove nel 1543 venne costruito il convento dei padri domenicani. Aveva le stesse regole dell’Arciconfraternita della Minerva in Roma, la quale stabiliva la nomina del priore, sotto priore e procuratore. Con certezza la confraternita era attiva nell’anno 1615 presso la chiesa del convento domenicano, oggi auditorium del “Valentianum”, in un libro di contabilità dello stesso convento è annotato che in quell’anno «la confratria del Santissimo Rosario aveva versato la contribuzione annuale di 28,00 ducati, e la stessa somma risulta pagata nei mesi di settembre 1634 e di ottobre 1636» (A. Tripodi). Nel 1729 un furto sacrilego privò la statua della Madonna e del Bambino delle due corone d’argento, comprese le suppellettili dell’altare, e dalla sacrestia fu asportata un’altra statua della Madonna con veste e corona. Il pio sodalizio ottenne il regio assenso il 9 ottobre 1756 e con bolla pontificia del 28 dicembre 1832 fu insignita del titolo di arciconfraternita. Per via dei fatti che seguirono al terremoto del 1783 e al sequestro dei beni degli ordini religiosi stabilito dalla Cassa Sacra, nel 1810 dovette abbandonare la primitiva chiesa e passò ad officiare nella artistica e antica chiesa di San Francesco d’Assisi, attigua al soppresso convento dei frati conventuali, la quale assunse il nome di chiesa del Rosario o della confraternita del Rosario. Il 4 ottobre 1919, alla presenza del vescovo Paolo Albera, furono inaugurate due lapidi apposte sulla facciata del tempio: una che ricorda le origini della confraternita, l’altra in memoria dei fratelli caduti nella guerra mondiale del 1915-1918. Nella prima leggiamo: «Questa Arciconfraternita/ fondata nel MCCCLXV sotto il patronato/ di S. Antonio di Vienna/ Nel MDLXXI/ a memoria della gloriosa battaglia di Lepanto/ intitolata a Maria SS. del Rosario/ e a San Giovanni Battista/ Ebbe sede nel vetusto tempio di San Domenico/ E in qualche altra chiesa della città/ Nel MDCCCX passò in questo tempio/ già edificato nel MCCCXXXVII/ E dedicato a San Francesco d’Assisi». L’Arciconfraternita gode della qualifica di Ente Ecclesiastico, già civilmente riconosciuto con Real Decreto del 2.12.1929.
2. La chiesa e le cappelle
Il tempio, le cui origini risalgono al 1284, danneggiato dai terremoti e ricostruito nel 1776, conserva originarie opere d’arti, come la rinomata cappella gotico-angioina De Sirica-Crispo, a cui si aggiungono quelle volute dai confratelli tra XIX e XX secolo, in particolare le opere di Emanuele Paparo (1778-1828), di Brunetto Aloi (1810-1892). Di interesse artistico sono pure i quadri di Giulio Rubino (sec. XVIII); un quadro di San Francesco d’Assisi, detto “vera immagine del santo”, replica di un noto dipinto medievale; le cinque statue lignee policrome dei misteri dolorosi (dette vare) di Ludovico Rubino (sec. XVIII), «belle e interessanti sculture che rendono partecipi dell’evoluzione pienamente settecentesca del suo autore e della scultura locale» (G. Leone). Il sacro edificio, di proprietà dell’Arciconfraternita con atto notarile del 18 ottobre 1837, sul finire del XIX secolo ebbe un totale rifacimento, con la costruzione della volta al posto di un vecchio soffitto nel cui centro era collocato il grande quadro del Paparo raffigurante la Vergine del Rosario e i quattro santi domenicani. La chiesa si arricchì di stucchi, dell’organo a canne, e nel 1907 del simulacro della Vergine del Rosario con i santi domenicani opera dell’artista napoletano Raffaele La Campa. In questo periodo, le statue delle Vare, di San Giovanni ev. e dell’Addolorata, che erano racchiuse nell’antica sacrestia conventuale (oggi deposito), furono trasferite nelle nicchie e altari, appositamente realizzati, dove oggi li vediamo, rimuovendo i sei quadri a cui precedentemente era titolato l’altare. Così pure, dietro il fine altare maggiore barocco in marmi policromi, fu costruito il retabulum in muratura con delicati stucchi e decorazioni, e, al centro, la nicchia per collocare la statua della titolare, mentre prima vi era soltanto un quadro di legno in cui c’era dipinta la Vergine del S. Rosario opera del pittore locale Federico Tarallo (1841-1913) (ASDM, Visita De Lorenzo). Nel 1951, essendo priore Paolo Blandino, fu rifatta la facciata esterna, arricchita da un bassorilievo che riproduce la Madonna del S. Rosario del Paparo, altri lavori di restauro interno furono curati nel 1976 e poi dal 1987, sotto il priorato di Pino Mirabello, una nuova serie di interventi conservativi all’interno e all’esterno del sacro edificio, fino ai nostri giorni.
Nel 1841, con l’apertura del cimitero comunale, la confraternita fu tra i primi sodalizi ad avere una cappella destinata alla sepoltura degli aggregati, chiudendo definitivamente le tombe in chiesa. Nel tempo essa è stata ristrutturata e ingrandita, secondo le nuove norme ed esigenze, assicurando degnamente questo servizio di cristiana pietà per i defunti.
3. I confratelli
Il colore dell’Arciconfraternita è l’azzurro. E’ il colore mariano, è il colore del cielo. Esso fu assegnato fin dall’origine dai padri domenicani. La divisa dei confratelli, per tradizione immemorabile, indossata solo dagli uomini, è un camice bianco, con cingolo bianco e mozzetta damascata con frange in oro, completo di medaglione pettorale con l’immagine della BVM. Nel 1892 (ASDM, Visita De Lorenzo) risultano iscritti 220 fratelli e 149 sorelle. Essi avevano l’obbligo di recitare il rosario ogni domenica e giorni festivi, celebrare una messa cantata ogni prima domenica del mese. Un confratello defunto aveva diritto ad una messa cantata e 48 messe lette, le sorelle invece 18. Nel 1911 il numero degli iscritti era salito a circa 500, composto maggiormente dal ceto contadino residente nei quartieri Rosario e Terravecchia. Oggi risultano aderenti 116 uomini e 53 donne. Gli statuti e i regolamenti sono stati modificati e aggiornati secondo le indicazioni del nuovo Codice di Diritto Canonico e le direttive diocesane. Sono organi della confraternita l’assemblea generale dei soci e la cosiddetta “cattedra”, formata dal priore, da due assistenti e due consiglieri, che è responsabile del governo dell’associazione.
4. Onori donati e ricevuti
L’Arciconfraternita ha l’onore di avere avuto come primo Priore onorario il Santo Padre Pio X fin dall’8 dicembre 1903, elevato alla gloria degli altari nel 1954, ora invocato tra i protettori del pio sodalizio vibonese. Racconta la cronaca del tempo, custodita nell’ archivio confraternale, che, su richiesta presentata dal P. Bernardo Maiolo generale dei Minimi e dal giovane monteleonese mons. Francesco Franco, papa Pio X, accettando il priorato onorario, concedeva di festeggiare la ricorrenza mariana dell’8 maggio e contribuiva egli stesso con L. 250 in oro, accompagnate da una sua benedizione autografa che ora impreziosisce le memorie della nostra chiesa. Quando nel 1923 cominciarono a raccogliersi le testimonianze per la canonizzazione di Pio X, la cattedra del tempo inviò una supplica in Vaticano affinché venisse «confermato l’elogio all’Augusto Pontefice che gli fu attribuito in vita e in morte con l’appellativo di Santo, e che la sua effigie anche nella nostra chiesa venga innalzata alla gloria dell’Altare». Oggi questa antica immagine è posta al lato sinistro dell’altare maggiore.
Apprezzato impegno d’apostolato ha dimostrato l’Arciconfraternita a favore della comunità vibonese, prodigandosi per incrementare il culto mariano e per sostenere il magistero della Chiesa in tempi socialmente e spiritualmente difficili. Ricordiamo alcuni dei valenti oratori italiani invitati a parlare dal pulpito della nostra chiesa nei primi decenni del XX secolo: mons. Eugenio Vallega, padre Pio Cinti, mons. Giovanni Cazzani poi arcivescovo di Cremona, padre Giovanni Semeria (che il 1910 nel teatro della città tenne una conferenza sul tema “Guerra e pace di fronte alla realtà del vangelo”), can. Agostino Marini, nel 1919 mons. Fernando Cento che ritornò poi a Vibo nel 1961 come cardinale arcivescovo di Napoli, grato di ricevere la nomina di priore onorario dell’Arciconfraternita vibonese. In tempi più recenti la chiesa confraternale ha visto la presenza, in occasione della solenne festa di ottobre, di altri eminenti prelati ai quali è stato anche conferito il titolo di priore onorario: mons. Agostino Lauro nel 1988, card. Silvio Oddi nel 1989, card. Antonio Innocenti nel 1990, card. Joseph Sanchez nel 1991, mons. Crescenzio Sepe nel 1995, oggi cardinale e arcivescovo di Napoli.
5. Priori e rettori
Voltando lo sguardo al secolo scorso, tra i priori che si sono distinti nella guida del sodalizio vogliamo ricordare: Raffaele Gasparro, Gaetano Ferrari, Filippo Rinaldis, Vincenzo Capocasale, Paolo Blandino. Diversi i rettori che si sono succeduti nel prima metà del secolo, ecco alcuni nomi: sac. Filippo De Francesco, sac. Giovanni Francesco Sarago (1909), sac. Giacomo Pugliese (1912), sac. Francesco De Pasquale (1913), sac. Vincenzo Rovere (1919), sac. prof. Emanuele Bucciarelli (1920), sac. Giuseppe Fiamingo (1935), sac. Giovanni Baldo (1938), sac. prof. Giovanni B. Fortuna, guida per oltre cinquanta anni (1948-2006) , che nella stessa chiesa, nel dopoguerra, radunò e curò con zelo il primo gruppo vibonese della FUCI.
6. Riti e tradizioni
Nel costante impegno di mantenere vivo lo spirito e le finalità associative previste dallo statuto diocesano e dal regolamento interno, in vista di una promozione umana e cristiana degli aderenti e della comunità, particolare cura è data alle festività e ai riti liturgici, fortemente legati alla pietà popolare che, ab immemorabili, considerata anche l’antichità delle sacre statue, si celebrano nella chiesa confraternale. In modo particolare: il Venerdì santo, con la solenne processione delle vare (le sculture del Rubino) e “chiamata dei santi” (predica di passione). La processione, a cui partecipano o assistono migliaia di persone, conserva le stesse caratteristiche, la stessa forma e regole rituali che ad essa diedero i primi confratelli. «Passano – scriveva il Tarallo nel 1926 – le belle statue del Rubino, e dietro ad esse i fedeli salmodiando ricordano il santo dramma umano della Passione di Nostro Signore, nelle sue varie tappe dolorose». Domenica di Pasqua: la S. Messa solenne, cui segue nella antica piazza della città la rappresentazione dell’ Affrontata, cioè la corsa di San Giovanni che annunzia alla Madonna che Gesù è risorto, tra due ali di folla immensa commossa e trepidante. La novena e festa di Maria SS. del Rosario che cade la prima domenica di ottobre. Celebra pure e indice le seguenti funzioni: novena di Natale, celebrata per antica consuetudine due ore prima dell’ aurora, indulto rinnovato, con approvazione di papa Leone XIII, dalla Congregazione dei Riti il 24.8.1892; nell’occasione i fratelli allestiscono un artistico presepe, fedele nella composizione alla tradizione locale. San Biagio: benedizione della gola. Candelora: festa della luce, con breve processione della S. Famiglia. La Via Crucis nelle domeniche di Quaresima. Il settenario di Maria SS. Addolorata (settimana di passione).La novena a Maria SS. del Rosario di Pompei con supplica 8 maggio.
Giornata memorabile per l’Arciconfraternita e per la città è stata la festa della prima domenica di ottobre del 1987, quando il vescovo della Diocesi Mons. Domenico Cortese, alla presenza del clero cittadino, delle autorità e dei fedeli, solennemente incoronava l’immagine della Madonna con una preziosa corona d’oro e d’argento, offerta a nome della confraternita dal priore Pino Mirabello, a perenne segno di devozione e d’amore della comunità vibonese per la Regina delle Vittorie, Madre delle Famiglie e prima Figlia della Risurrezione.
Filippo Ramondino